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L’insostenibile leggerezza della stupidità

Perché gli stupidi sono più felici?

Si sente spesso la frase fatta “gli stupidi sono più felici”. La si sente così tante volte, da così tante persone così diverse tra loro, così diametralmente opposte ma allo stesso tempo unite da questa legge senza tempo: chi è più stupido è più felice, o quantomeno così sembra, ostentando una invidiabile spensieratezza.

Ma allora, se la pensano proprio tutti così, sarà mica vero? Esisterà un qualche oscuro paradigma, un’ignota e misteriosa legge naturale che chi meno sa e meglio sta?

Partiamo dal nostro cervello, tanto ha tutto origine da lì, in un modo o nell’altro!

Partiamo dal presupposto che l’essere umano è un animale pigro, e in quanto tale cerca in tutti i modi di evitarsi lavoro inutile o quantomeno…evitabile.


Il pilota automatico

Basti pensare alla quantità di scelte, dalle più piccole alle più serie, che siamo invitati o costretti a prendere ogni giorno: Coca o Pepsi? Shampoo al mirtillo o all’Argan? Maglia rossa o maglia gialla?

Dozzine e dozzine di scelte inutili (o quasi) che succhiano via energia e concentrazione al nostro cervello.

Ecco che il nostro meraviglioso elaboratore naturale si trova a riciclare tutte le nozioni assunte in passato: ricorda che il fuoco brucia, non c’è bisogno di mettere in discussione ogni volta la sua pericolosità mettendoci una mano sopra.

È ormai famosa la decisione di alcuni uomini di successo di rinunciare alla giornaliera scelta d’abito e salvarsi dalla relativa decision fatigue.

Steve Jobs e Mark Zuckerberg hanno fatto scorta di una serie di vestiti tutti identici tra loro, per evitare di sprecare tempo ed energie ogni giorno davanti allo specchio, cercando di scegliere quale t-shirt si abbini meglio con le sneaker e i jeans.

Esagerazioni new age a parte, la necessità di “alleggerire” la mole di lavoro del nostro cervello è sempre più solida nella nostra società.


Il risparmio energetico

Come ci aiuta questo a capire il legame tra stupidità e spensieratezza?

Sorella dell’ignoranza, dalla quale si discosta però in maniera netta, la definizione di stupidità è piuttosto ampia e non del tutto chiara, e tocca argomenti come l’istintività e l’incapacità di fare o pensare in maniera costruttiva.

Se si dovesse dare una definizione alla stupidità, la si potrebbe descrivere come la cieca assenza di pensiero critico.

Insomma, chi è stupido è sicuro e non mette in discussione nulla, si nutre di pensiero daltonico e quindi di pregiudizi. Il suo atteggiamento è come quello dei cavalli, che bardati dei paraocchi, non vedono altro che la strada che qualcun altro ha deciso per loro.

Questo li rende chiusi mentalmente, ottusi, resistenti ai cambiamenti. Allo stesso tempo, questa incapacità (o non volontà) di recepire nuovi stimoli, permette allo stupido di risparmiare parecchie energie cerebrali.

Non scende nel profondo degli argomenti, lo stupido, non rimugina e non si scervella per trovare il bandolo della matassa di qualche grattacapo.

Funzionando con una sorta di “risparmio energetico”, è in grado di fare scorta di energie mentali. Ecco il motivo per il quale lo stupido sembra essere sempre più spensierato, certo delle sue convinzioni e sicuro di sé.

“La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall’avere, per ogni cosa, una domanda.”
Milan Kundera

William Girometti "La stupidità, un male inguaribile", 1973

William Girometti “La stupidità, un male inguaribile”, 1973

Il veleno e l’antidoto

Il pericolo numero uno, in una società sempre connessa attraverso internet e i Social, è l’amplificazione di questo “veleno”.

Lo stupido, in quanto tale, non cerca sul web l’antidoto e la terapia al suo problema, non cerca una via di fuga dal suo pensiero in bianco e nero.

Piuttosto preferisce crearsi un suo ecosistema artificiale, una cassa di risonanza della sua stupidità, continuando a comunicare e a recepire informazioni solo con e dalle persone con lo stesso modus pensandi.

Le cerchie di Google+, gli algoritmi di Facebook e Google ci spingono a fruire solo ed esclusivamente di contenuti che sono in linea con il nostro modo di pensare e il nostro punto di vista.

Il crepuscolo del pensiero critico passa attraverso le bacheche dei nostri Social, silenzioso e inosservato, penetrando la nostra quotidianità un post alla volta.

“Abbiamo tutti una tendenza inconsapevole ad allontanare dalla nostra mente ciò che si prepara a contraddirla, in politica come in filosofia. Avremo un’attenzione selettiva verso ciò che favorisce le nostre idee e una disattenzione selettiva verso ciò che le sfavorisce.”
Edgar Morin

Esiste un antidoto?

Basterebbe sforzarsi di capire e cogliere l’attimo in cui il nostro cervello mette il pilota automatico per risparmiare energie. Sforzarci di prendere delle decisioni e farci delle idee in base a ragionamenti sempre nuovi e influenzati da informazioni sempre aggiornate.

Scavare la superficie delle cose per scoprirne la vera essenza, al di là della nebbia dei pregiudizi facili e meccanici, funzionando sempre meno da automi e sempre più da essere umani pensanti e critici.

Magari, il significato più profondo del famoso “Think Different”, non è un invito a pensare differentemente dalla massa, ma a pensare differentemente da se stessi.

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